
Abbiamo già introdotto qui la Legge n. 76/2016, entrata in vigore il 4 giugno 2016, disciplinante, da un lato, le unioni civili tra persone dello stesso sesso e, dall’altro, le convivenze.
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Come detto con la citata legge si intende tutelare:
- nel primo caso, l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale formazione sociale ai sensi degli artt. 2 e 3 della Costituzione;
- nella seconda ipotesi, la convivenza di fatto instaurata tra due persone, anche dello stesso sesso, legate da un vincolo affettivo stabile.
Il nuovo panorama normativo creato dalla L. 76/2016 in tema di unioni civili ha interessato numerosi ambiti; in questo articolo intendiamo soffermarci sugli effetti prodotti in campo successorio.
Unioni civili e convivenza: quali effetti in caso di successione?
Testo della legge alla mano, vediamo che il legislatore, all’art. 1, comma 21, afferma che:
“alle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano le disposizioni previste dal capo III e dal capo X del titolo I, dal titolo II e dal capo II e dal capo V-bis del titolo IV del libro secondo del codice civile”.
Quanto sopra significa che le norme che stiamo per vedere sono riferibili non solo ai coniugi legati dal vincolo matrimoniale, ma anche agli uniti civili.
Ma andiamo con ordine.
Unioni civili: valgono le stesse regole previste per i coniugi?
Quanto alle “disposizioni previste dal capo III del titolo I, libro secondo” facciamo riferimento alle disposizioni codicistiche riguardati l’indegnità a succedere e quindi l’esclusione dalla successione (artt. 463 a 466 c.c.).
Quanto alle “disposizioni previste dal capo X del titolo I, libro secondo”, relative ai c.d. legittimari, cioè le persone a cui la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione, (il coniuge, i figli e gli ascendenti), si dovrà intendere non solo il coniuge ma anche la parte dell’unione civile (artt. 536 a 564 c.c.).
Relativamente al “titolo II, libro secondo”, l’ordine dei successibili nelle successioni legittime deve essere integrato, come nella fattispecie precedente, tenendo conto della parte dell’unione civile che sarà equiparata alla figura del coniuge (artt. 565 a 586 c.c.).
Anche la disciplina della collazione, indicata al “capo II del titolo IV, secondo libro” va integrata con la parte dell’unione civile parallelamente al coniuge (artt. 737 a 751 c.c.).
Infine, il patto di famiglia, disciplinato al capo V bis del titolo IV, secondo libro, prende in considerazione la parte dell’unione civile quanto ai soggetti che devono partecipare al patto: quindi il coniuge o l’unito civile e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore.
Cosa si intende per “patto di famiglia”?
Brevemente, infatti, il patto di famiglia è il patto con cui l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte l’azienda e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce in tutto o in parte le proprie quote ad uno a più ascendenti (artt. 768 bis a 768 octies c.c.).
Al momento si tratta di una novità normativa mal coordinata, ma in ogni caso un tentativo di interpretazione si rinviene all’art. 1 comma 20 della L. 76/2016, ai sensi del quale “Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.
Quale impatto sull’attuale sistema successorio?
Le predette disposizioni, già in vigore, hanno pertanto un concreto impatto sull’attuale sistema successorio.
Ciò comporta a carico dei vari professionisti, e soprattutto dei notai, la necessità di effettuare tutte le verifiche del caso, quindi non solo l’esistenza di un coniuge e dei vari successibili, ma anche dell’unito civile.
Invero, in presenza di un’unione civile, per l’unito civile superstite si potrebbero avere conseguenze importanti in tema di:
- indennità di preavviso o di fine rapporto previste in caso di morte del lavoratore;
- trattamento di fine rapporto (TFR);
- reversibilità della pensione;
- agevolazioni fiscali in materia successoria.
Convivenza di fatto: quali regole?
Diverso da quanto sin ora detto in merito alle parti di un’unione civile, è il caso delle convivenze di fatto.
Ricordiamo che ai sensi dell’art. 1, comma 36, della L. 76/2016, si intendono conviventi di fatto due persone maggiorenni, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza materiale e morale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o unione civile, coabitanti nella stessa dimora.
A tale situazione vengono riconnessi una serie di diritti in tema di tutela della persona ed in ambito patrimoniale (in particolare, i conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza).
Il legislatore ritiene, pertanto, irrilevante la convivenza sotto il profilo successorio.
La legge 76/2016 si è infatti limitata a prevedere per il convivente superstite le seguenti agevolazioni e/o disposizioni:
- il diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per i successivi due anni dalla morte del convivente proprietario;
- la facoltà di succedere al convivente defunto conduttore nel contratto di locazione;
- il diritto al risarcimento del danno nel caso di morte del convivente derivante da fatto illecito;
- in caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di accesso alle informazioni personali;
- ciascun convivente di fatto può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati in caso di decisioni in materia di salute, donazione degli organi e celebrazioni funerarie;
- al convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda;
- può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno ove ricorrano i presupposti di cui all’art. 404 c.c..
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