Sentiamo parlare spesso di cuneo fiscale, e in ogni Legge di Bilancio di taglio al cuneo fiscale, ma cosa si intende? Ecco cosa sapere.
La mia guida per Lavoro e Diritti
Cos’è il cuneo fiscale e perchè è così importante ridurlo? L’argomento è molto in voga in questo periodo in cui la legge di bilancio è al centro delle discussioni sui media nazionali. In queste settimane infatti iniziano a circolare le prime indiscrezioni su quanto probabilmente verrà inserito nella prossima manovra e la “riduzione delle tasse” è certamente uno degli argomenti più sentiti da lavoratori dipendenti e autonomi e dalle imprese. Per non far storcere il naso ai puristi, diciamo subito che con il termine tasse, si racchiudono genericamente e impropriamente tasse, imposte e contributi.
Ma veniamo all’argomento oggetto della presente guida, ossia il taglio del cuneo fiscale: molto brevemente, per non annoiare con argomenti troppo tecnici, cerchiamo di comprendere di cosa si tratta, come funziona e perchè è importante ridurlo per l’economia reale.
Cuneo fiscale: cos’è
L’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) definisce il cuneo fiscale come:
il rapporto tra l’ammontare delle tasse pagate da un singolo lavoratore medio e il corrispondente costo totale del lavoro per il datore.
Il Cuneo è quindi un indicatore percentuale che determina il rapporto tra tutte le imposte sul lavoro e il costo del lavoro totale, dove per determinare il costo totale si devono considerare le tasse dirette, indirette ma anche i contributi previdenziali. Altro non è, quindi, che la differenza tra la retribuzione lorda e i costi sostenuti dal datore di lavoro e quanto, invece, viene percepito come netto dal lavoratore.
Già dalla definizione capiamo perché si parli continuamente di cuneo fiscale e perché è importante agire per cercare di ridurlo.
Quant’è il cuneo fiscale in Italia
Per rendere meglio l’idea di quanto sia un argomento importante possiamo citare i dati di un recente rapporto Ocse “Taxing Wages 2019” dello scorso aprile; secondo la ricerca, nello scorso anno, quindi nel 2018, preso a campione un lavoratore con una retribuzione di circa 30.000 Euro lordi, l’incidenza della tassazione era pari al 47,9%.
Semplifichiamo: dati 100 Euro lordi al lavoratore ne rimangono 52,10 Euro netti. Appena al di sopra della metà.
È evidente che la differenza tra il costo del lavoro sostenuto dalle imprese e quanto rimane in tasca ai lavoratori è veramente notevole e ha un peso importante. Di conseguenza quanto più è possibile abbassare i costi per l’impresa maggiori saranno i benefici per i lavoratori.
Per capire come poter intervenire è pero necessario individuare cosa influisce direttamente sul cuneo fiscale.
Elementi del cuneo fiscale
Gli elementi che alimentano il cuneo fiscale sono alcuni sia a carico del lavoratore sia dell’azienda, altri invece solo a carico di quest’ultima.
In prima battuta i due prelievi più importanti sono quelli INPS, IRPEF e INAIL.
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Infatti, sui redditi da lavoro dipendente il datore di lavoro trattiene una quota di imposta che, in qualità di sostituto, versa al Fisco come acconto dell’imposta sul reddito da lavoro dipendente.
Gli importi variano in relazione all’aliquota applicata secondo gli scaglioni IRPEF, seguendo il criterio della progressività: cresce proporzionalmente al crescere del reddito.
La seconda trattenuta, invece, è sempre un importo percentuale, ma legato alla contribuzione INPS:
- una parte trattenuta a carico del lavoratore (generalmente pari al 9,19%);
- un’altra parte, più consistente invece a carico delle aziende.
E’ totalmente a carico delle aziende la quota INAIL, ovvero l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Infine vi sono altre imposte e contributi minori perlopiù legati alla contrattazione collettiva.
Taglio del cuneo fiscale: quali possibili interventi per ridurlo
In vista della prossima Legge di Bilancio iniziano a trapelare alcuni possibili interventi. Al momento sembrerebbe possibile uno stanziamento di tre miliardi di euro per il prossimo anno con la possibilità di portarli a 5,3 nell’anno successivo.
Molta indecisione, però, vi è sui possibili strumenti da utilizzare per procedere al “taglio”. Si potrebbe infatti agire tramite le detrazioni IRPEF, piuttosto che con un nuovo “bonus” o attraverso la riduzione dei contributi versati dal lavoratore.
Per quanto riguarda i soggetti che ne beneficeranno saranno quasi esclusivamente i lavoratori dipendenti; le ipotesi più probabili sono legate ad un vantaggio per i lavoratori con un reddito tra i 26.600 euro e 35.000 euro. Questi fino ad ora sono stati esclusi dal credito introdotto dal Dl 66/2014, conosciuto ai più come “bonus Renzi”.
Ai lavoratori che già lo percepiscono, invece, sarà confermato; ma probabilmente sarà rimodulato sotto forma di detrazione fiscale. In quest’ultimo caso però potrebbero avere un’imposta negativa e di conseguenza potrebbero riconoscere il beneficio sotto forma di assegno.
Perché bisogna ridurre il cuneo fiscale
La risposta è abbastanza scontata: ridurre le tasse sul lavoro significa lasciare più soldi nelle tasche di chi dovrebbe spenderli.
In questo modo si darebbe il via quindi ad un circolo che dovrebbe, almeno in teoria, far ripartire l’economia reale: meno tasse, più soldi disponibili, più consumi, più produzione e distribuzione di beni e servizi, più lavoro e via dicendo… Per economia reale si intende quindi l’economia direttamente collegata alla produzione e alla distribuzione di beni e servizi, in contrapposizione con quella della finanza.