C’è stato un tempo, non troppo lontano a dir la verità, in cui durante la selezione del candidato ideale i recruiter focalizzavano la trattativa impostandola esclusivamente sui meri aspetti retributivi ed economici.
Questa strategia alla lunga può rivelarsi non del tutto efficace: se si imposta il rapporto lavorativo dando principalmente importanza all’aspetto economico, aumenterà il rischio che il lavoratore non si senta parte integrante dell’azienda.
Scatterà un gioco al rialzo: se quello che si aspetta a livello economico non lo trova all’interno dell’azienda allora inizierà a guardarsi al di fuori.
In questo modo l’azienda non avrà un lavoratore fidelizzato, e nel momento in cui questi dovesse decidere di cambiare lavoro, oltre a perdere una risorsa dovrà investire tempo, energie e denaro sulla nuova figura.
I costi di questa operazione sono elevatissimi: se l’azienda non ha tempo per formare una risorsa junior, che tipicamente può essere assunta con una retribuzione contenuta, dovrà volgere il suo sguardo su una figura esperta, sapendo benissimo quanto l’impatto economico incida in una situazione del genere.
Premettendo che nessun datore di lavoro potrà mai avere la certezza che i suoi lavoratori non decidano di cambiare azienda, l’obiettivo da raggiungere oggi è puntare sulla costruzione di un rapporto solido basato sulla condivisione di prospettive, obiettivi e valori.
Come tutte le relazioni è evidente che lo sforzo per farla funzionare debba venire da entrambe le parti, ma soprattutto, qualora emergano delle incomprensioni, le parti devono trovare un punto di incontro per continuare a costruire il loro percorso insieme.
Oggi la sola retribuzione non è più l’elemento attrattivo per i lavoratori che cercano all’interno dell’azienda un luogo in cui stare bene e migliorare non solo la performance aziendale ma (in tutti i sensi) la propria vita.
Impostare il rapporto di lavoro in questo modo implica certamente uno sforzo maggiore, ma la soddisfazione dell’obiettivo raggiunto ripagherà appieno della fatica.