Ora che i voucher sono stati definitivamente abrogati e, ricordiamo, possono essere utilizzati fino alla fine dell’anno quelli acquistati fino alla data del 17 marzo scorso, che alternative ci sono?
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Considerando che l’abrogazione dei voucher coinvolge tutti i settori, dal datore di lavoro ai privati, è bene rispolverare una norma già in vigore da tempo, ma poco utilizzata: il lavoro a chiamata, dato anche che le ultimissime notizie parlano di una nuova e più versatile formulazione del lavoro intermittente.
Premessa: cosa si intende per lavoro intermittente?
Mediante il contratto di lavoro intermittente un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa, secondo particolari modalità e nel rispetto di alcuni limiti.
Il contratto di lavoro intermittente, a tempo determinato ovvero a tempo indeterminato, può essere concluso:
1) in relazione alle esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro;
2) in ogni caso con soggetti con più di 55 anni di età e con soggetti con meno di 24 anni di età, fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno;
3) in assenza di una specifica disciplina contrattuale, nelle attività discontinue di cui al D.M. 23.10.2004 con rimando alla tabella delle attività contenuta nel R.D. 2657/1923.
Lavoro intermittente e limite massimo di utilizzo
Esclusi i settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore, per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
Ai fini della verifica di tale limite si computano esclusivamente le giornate di effettivo lavoro prestate successivamente al 28 giugno 2013 (entrata in vigore del DL. 76/2013).
Lavoro intermittente e indennità di disponibilità
Il contratto di lavoro a chiamata può assumere due forme diverse:
1) con obbligo di risposta alla chiamata del datore di lavoro;
2) ovvero senza obbligo di risposta.
Nel primo caso, il lavoratore si obbliga contrattualmente a rispondere alla “chiamata” al lavoro effettuata da parte del datore, e come controprestazione ha diritto a un’indennità di disponibilità mensile, in aggiunta alla retribuzione maturata per le ore di lavoro effettivamente prestato. In caso di malattia o altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore è tenuto ad informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento; in questo periodo egli non matura il diritto all’indennità di disponibilità. Qualora il lavoratore non adempia a tale obbligo, perde il diritto all’indennità di disponibilità per un periodo di 15 giorni. L’indennità è divisibile in quote orarie, nella misura stabilita dai contratti collettivi, e comunque in misura non inferiore al 20% della retribuzione prevista dal CCNL applicato. Sull’indennità di disponibilità devono essere versati i contributi previdenziali per il loro effettivo ammontare, anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo.
Nel caso in cui, invece, non sia pattuito l’obbligo di risposta, al lavoratore non spetta l’indennità di disponibilità e, correlativamente, egli non è obbligato a rispondere alla chiamata.
Lavoro intermittente e indennità di disponibilità: rifiuto ingiustificato di risposta
Se il lavoratore che percepisce l’indennità di disponibilità rifiuta senza motivo di rispondere alla chiamata, il datore può risolvere il contratto, richiedendo la restituzione della quota di indennità riferita al periodo successivo al rifiuto, nonché un congruo risarcimento nella misura fissata dal contratto collettivo o individuale.
Lavoro intermittente e comunicazione preventiva: modalità di effettuazione
Prima dell’inizio della prestazione lavorativa il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata mediante il modello “UNI-Intermittente”, indicando in un’unica comunicazione la chiamata anche di più lavoratori (fino a 10), da compilare e inviare:
1) via e-mail all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) intermittenti@mailcert.lavoro.gov.it;
2) tramite il servizio informatico reso disponibile sul portale www.cliclavoro.gov.it;
3) con un SMS contenente almeno il codice fiscale del lavoratore: tale modalità, tuttavia, è utilizzabile solamente in caso di prestazione da rendersi entro le 12 ore dalla comunicazione.
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