Con la vigenza della legge di conversione del decreto Dignità, le imprese si interrogano sulla corretta applicazione delle causali, da specificare all’atto della stipula di un contratto a tempo determinato o di una proroga, soprattutto per non incorrere in eventuali provvedimenti sanzionatori. Quali sono quindi i motivi per i quali è possibile utilizzare un lavoratore a tempo determinato? Come viene regolamentato l’inserimento delle causali all’interno di un contratto a tempo? E quali sono i contratti per i quali non è richiesta l’indicazione della causale?
In merito alle modifiche apportate dalla legge di conversione (
legge n. 96/2018) del
decreto Dignità al
contratto a tempo determinato, la preoccupazione principale per le aziende è la
reintroduzione delle causali, da specificare all’atto della stipula di un contratto a tempo determinato o di una proroga, qualora la durata di quest’ultima vada a sforare i dodici mesi di durata massima del contratto a termine.
Vediamo, nello specifico, quali sono i motivi per i quali è possibile utilizzare un lavoratore a tempo determinato per un periodo superiore ai dodici mesi e come viene regolamentato l’inserimento delle causali all’interno di un contratto a tempo.
Applicazione delle causali
Ricordo, in premessa, che l’obbligo di specifica delle causali dovrà essere rispettato immediatamente per i nuovi contratti a tempo determinato, intesi come i contratti stipulati con soggetti che non hanno mai prestato attività lavorativa per quel datore di lavoro in passato con questa tipologia contrattuale.
Mentre, per coloro i quali hanno già avuto pregressi rapporti di lavoro a tempo determinato (ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 81/2015) e che oggi stipulano un nuovo contratto a termine (rinnovo), l’applicazione della causale è prevista dal 1° novembre 2018; ciò in quanto, la legge di conversione del decreto Dignità ha previsto un periodo transitorio (contenuto nel secondo comma dell’art. 1), con il quale vengono fatti salvi, dalle nuove impostazioni legislative, i rinnovi e le proroghe contrattuali sino al 31 ottobre 2018.
L’art. 19, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, stabilisce che il primo contratto a tempo determinato, di durata non superiore ai 12 mesi, può essere previsto senza la specifica della motivazionedell’assunzione.
Queste le motivazioni che possono essere addotte dal datore di lavoro per l’instaurazione di un rapporto a tempo determinato (ad esclusione del primo rapporto con durata non superiore a 12 mesi):
– esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività,
– esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
– esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
L’obbligo della causale sussiste, dal 1° novembre 2018, anche qualora il contratto da stipulare sia un rinnovo ovvero qualora al contratto in essere venga assegnata una proroga, la cui durata, sommata alla durata inizialmente prevista nel contratto a termine, faccia superare i 12 mesi di prestazione del lavoratore.
È il caso di sottolineare che l’applicazione immediata delle nuove disposizioni legislative dovrà avvenire anche per le proroghe ed i rinnovi, qualora il primo contratto a tempo determinato sia stato stipulato dal 14 luglio all’11 agosto 2018 (periodo compreso tra la vigenza del D.L. n. 87/2018 e la pubblicazione in G.U. della legge n. 96/2018). Ciò in considerazione del fatto che detto primo contratto è stato sottoscritto in vigenza del decreto Dignità (D.L. n. 87/2018) e quindi già con le nuove disposizioni di legge, in quanto il decreto legge non aveva previsto il periodo transitorio.
Ricapitolando, deve essere prevista una motivazione al rapporto a tempo determinato, nelle seguenti ipotesi:
– qualora il primo contratto a tempo determinato sia di durata superiore ai 12 mesi (sempre con decorrenza dal 14 luglio 2018);
– in caso di rinnovi di precedenti contratti a termine con lo stesso lavoratore, qualora il primo contratto a tempo determinato sia stato stipulato prima del 14 luglio 2018 (sempre con decorrenza dal 1° novembre 2018);
– in caso di rinnovi di precedenti contratti a termine con lo stesso lavoratore, qualora il primo contratto a tempo determinato sia stato stipulato dopo il 13 luglio 2018 (sempre con decorrenza dal 14 luglio 2018);
– in caso di proroga di un contratto a termine in essere, qualora detta proroga porti il rapporto di lavoro ad una durata complessiva superiore ai 12 mesi (dal 1° novembre 2018, nel caso in cui il contratto a tempo determinato, sul quale si instaura la proroga, sia stato sottoscritto prima del 12 agosto 2018).
In pratica, resta fuori dall’obbligo della motivazione soltanto il primo contratto a tempo determinato, esclusivamente qualora sia di durata non superiore a 12 mesi.
Contratto assistito
Anche il contratto a tempo determinato, stipulato ai sensi dell’art. 19, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015, deve prevedere una motivazione per la sua realizzazione.
Ciò in quanto si tratta di un rinnovo rispetto ad altri contratti a termine stipulati nei mesi/anni precedenti e come tale – ai sensi dell’art. 21, comma 1, del TU sui contratti di lavoro – può aver vita “solo a fronte delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1”: presenza di una delle motivazioni ivi previste.
Ricordo che il contratto assistito non è altro che un ordinario contratto a termine che ha l’unica peculiarità di dover essere sottoscritto dinanzi ad un funzionario dell’Ispettoratodel Lavoro territorialmente competente. Il funzionario avrà il compito di verificare la volontarietà delle parti di stipulare un ulteriore contratto a tempo determinato oltre che di rispettare le disposizioni di legge: durata massima del contratto non superiore a 12 mesi e verifica che non vi è stato un precedente contratto assistito tra le parti.
Il superamento del termine stabilito nel medesimo contratto porterà alla trasformazione in contratto a tempo indeterminato dalla data della sua stipulazione.
Sanzioni
Nel caso in cui non venga precisato il motivo di stipula in un contratto a termine di durata superiore a dodici mesi, quest’ultimo si trasformerà in contratto a tempo indeterminatodalla data di superamento del termine di dodici mesi ovvero dalla data di inizio in caso di rinnovo, qualora il lavoratore abbia già avuto precedenti rapporti a tempo determinato con quel datore di lavoro. La sanzione si applica anche qualora il datore di lavoro non provveda a motivare la proroga che “sfori” il limite dei dodici mesi.
Stessa sorte in caso di motivazione non veritiera, dichiarata dal datore di lavoro al solo fine di bypassare la regola. Questa sanzione verrà applicata anche al contratto assistito, qualora la causale, ivi inserita, non sia autentica ma indicata, nell’atto scritto, al solo fine di prevederne la stipula e l’avallo del funzionario dell’Ispettorato del Lavoro.
Contratti esentati dall’obbligo della causale
Vediamo ora quali sono i contratti a tempo per i quali non è obbligatoria l’indicazione della causale.
Sono fuori dalla regola di motivare l’assunzione di un lavoratore a termine tutte le tipologie contrattuali che, per quanto prevedano una fine al contratto di lavoro, non sono contratti che sottostanno alle regole previste dal Capo III del D.Lgs. n. 81/2015. In pratica, non sono contratti a tempo determinato ordinario:
– contratto intermittente;
– co.co.co. (collaborazione coordinata e continuativa);
– lavoro autonomo occasionale (articolo 2222 c.c.);
– nuove prestazioni occasionali;
– partita IVA;
– contratto a tempo determinato per attività stagionali per le ipotesi individuate dai contratti collettivi e per quelle individuate dal D.P.R. n. 1525/1963 (valevole sino all’emanazione di un decreto del Ministero del lavoro).